Nel nostro meridione quello che altrove viene chiamato salame, si chiama
soppressata. Essa viene confezionata con le parti più magre del maiale allevato
in proprio, con la coscia, i lombi e il filetto; carni tagliate e sminuzzate a
mano con colpi fitti e precisi di lame di coltello, nei giorni più freddi di
dicembre e gennaio.
Una volta insaccati e legati con grosso spago vengono bucherellati in più parti con un pennello di legno su cui sono fissate dozzine di aghi, per favorire la fuoriuscita dell’area rimasta all’interno. Le soppressate prendono questo nome dall’operazione di pressatura fatta sotto peso dentro ceste di vimini appositamente intessute in cui vengono adagiati i salami: grosse pietre squadrate premono fino a schiacciarle e rimangono cosi per 3 o 4 giorni. Successivamente essi vengono appesi ai travi del soffitto delle cucine e per circa 40 giorni assorbono l’aria calda e umorosa che viene dal focolare, dalle pentole e dalle pignatte dei sughi rossi. Anche il fumo profumato di foglie secche lascia la sua preziosa patina.
Vengono assaggiati e poi gustati, prima le salsicce e poi le soppressate; con l’accompagnamento di grandi bocconi di pane e piccoli ma frequenti bicchieri di vino nuovo. Il rimanente viene affogato nell’olio di oliva o nel grasso del maiale in recipienti cilindrici di terracotta smaltata. Questi modi di conservazione garantiscono la durata del salume per almeno un anno.
A monte della confezione si pone il problema della materia prima, evidentemente assai differenziata a seconda che si tratti di prodotti delle famiglie allevatrici o di stabilimenti artigianali o piccolo-industriali. La carne adoperata dalle famiglie allevatrici per la produzione di soppressate e salsicce da mettere sotto grasso, deriva da animali allevati quasi sempre nella zona stessa d produzione. Essi sono alimentati con mangimi tradizionali ricavati dall’azienda agricola. Il maiale al momento dell’uccisione ha quasi sempre superato l’anno di età per cui le carni sono sode, mature, più facile la frollatura.
La razza più usata è l’ibrido della Large Whitee della Landrace , ma è ancora possibile trovare qualche esemplare di maiale nero specialmente in zone della Sila e della Basilicata.
L’altaincidenza dell’autoconsumo, articolato in differenti stadi di economia familiare, rende particolarmente aleatoria la quantificazione dei costi di produzione ed anche delle vendite. Manca infatti un regolare merato e i costi della manodopera sono quasi sempre imputati, mai effettivi. Ciò premesso una ricostruzione può essere cosi tentata.
I costi della materia prima sono diversi per i due prodotti in quanto per le
soppressate viene utilizzata carne magra e scelta, più costosa della carne
utilizzata per le salsicce.
tratto da : atlante dei prodotti tipici (salumi)
Una volta insaccati e legati con grosso spago vengono bucherellati in più parti con un pennello di legno su cui sono fissate dozzine di aghi, per favorire la fuoriuscita dell’area rimasta all’interno. Le soppressate prendono questo nome dall’operazione di pressatura fatta sotto peso dentro ceste di vimini appositamente intessute in cui vengono adagiati i salami: grosse pietre squadrate premono fino a schiacciarle e rimangono cosi per 3 o 4 giorni. Successivamente essi vengono appesi ai travi del soffitto delle cucine e per circa 40 giorni assorbono l’aria calda e umorosa che viene dal focolare, dalle pentole e dalle pignatte dei sughi rossi. Anche il fumo profumato di foglie secche lascia la sua preziosa patina.
Vengono assaggiati e poi gustati, prima le salsicce e poi le soppressate; con l’accompagnamento di grandi bocconi di pane e piccoli ma frequenti bicchieri di vino nuovo. Il rimanente viene affogato nell’olio di oliva o nel grasso del maiale in recipienti cilindrici di terracotta smaltata. Questi modi di conservazione garantiscono la durata del salume per almeno un anno.
A monte della confezione si pone il problema della materia prima, evidentemente assai differenziata a seconda che si tratti di prodotti delle famiglie allevatrici o di stabilimenti artigianali o piccolo-industriali. La carne adoperata dalle famiglie allevatrici per la produzione di soppressate e salsicce da mettere sotto grasso, deriva da animali allevati quasi sempre nella zona stessa d produzione. Essi sono alimentati con mangimi tradizionali ricavati dall’azienda agricola. Il maiale al momento dell’uccisione ha quasi sempre superato l’anno di età per cui le carni sono sode, mature, più facile la frollatura.
La razza più usata è l’ibrido della Large Whitee della Landrace , ma è ancora possibile trovare qualche esemplare di maiale nero specialmente in zone della Sila e della Basilicata.
L’altaincidenza dell’autoconsumo, articolato in differenti stadi di economia familiare, rende particolarmente aleatoria la quantificazione dei costi di produzione ed anche delle vendite. Manca infatti un regolare merato e i costi della manodopera sono quasi sempre imputati, mai effettivi. Ciò premesso una ricostruzione può essere cosi tentata.
Calcolo dei costi per Kg di prodotto | finito | |
Salsicce | Soppressate | |
Materia prima | 9.400 | 13.300 |
Budello, condimento | 1.000 | 1.000 |
Manodopera | 6.000 | 6.000 |
Ammortamenti | 100 | 100 |
Costi generali | 100 | 100 |
Costo di conservazione (Grasso) | 1.000 | 1.000 |
Totale | 17.600 Lit | 21.500 Lit |
tratto da : atlante dei prodotti tipici (salumi)
Nessun commento:
Posta un commento