La pellagra: nascita, diffusione e
declino
Il mais, dopo il XVII secolo, aveva
liberato gran parte della popolazione dalla dipendenza alimentare cerealicola
tradizionale, ma al contempo aveva dato il via ad un’ulteriore breccia
nelle difese sanitarie dell'organismo umano. [1]
from: http://www.agraria.org/ coltivazionierbacee/mais.htm Particolare di una pianta di mais |
I Popoli delle civiltà Azteca e Maya lasciavano
in ammollo il mais per renderlo commestibile con l’acqua di calce una soluzione
alcalina(tecnica detta di nixtamalizzazione). Questo processo permetteva di
rendere “biodisponibili” per la digestione la vitamina niacina e un importante
aminoacido, il triptofano, che, a sua volta, si converte in niacina.
L’antica
pratica di mettere l’impasto di mais a bagno per una notte in acqua di calce
prima di fare le tortillas non fu mai trasmessa a quei paesi del Vecchio Mondo
nei quali fu diffuso il mais, o alle comunità il cui alimento principale era
costituito dal mais. Questo, quasi inevitabilmente, portò alla diffusione della
malattia da carenza di niacina: la pellagra.
Italo
Giglioli, fra gli altri, fin dai primissimi anni del ’900
pur non possedendo nessuna nozione vitaminica, avea individuato
perfettamente il nocciolo della situazione, insistendo sui danni provocati
dall'alimentazione "quasi esclusivamente maidica di gran parte dei nostri
contadini", ma soprattutto dei contadini di quelle parti d'Italia dove la
farina di granoturco si consuma
sottoforma di mal preparata polenta mangiata insipida e priva di condimenti
impedendo il rialzo del valore nutritivo. L'elemento scatenante, in effetti,
consisteva non tanto nella polenta in se e per se, quanto nel suo bassissimo
valore nutritivo da un punto di vista vitaminico, ma questo lo si appurò molti
anni dopo, quando si scoprì che il processo di bollitura, necessario alla
farina di granoturco per essere trasformata in polenta, liberava e disperdeva
anche quella minima quantità di vitamina PP (del gruppo B) in essa contenuta.
Non essendo tale perdita compensata in altra maniera, si presentavano a lungo
andare manifestazioni diarroiche e
cutanee e in fine più o meno accentuate forme di demenza con tendenze suicide. [3]
from: http://www.luccalive.com/2012/07/31/ sagra-della-polernta-a-palle/ Polenta appena cotta |
Clinicamente,
la malattia è identificata dalle tre D - dermatite, diarrea e demenza - e, se
non viene curata, la pellagra può portare alla morte nel giro di quattro o
cinque anni.
All'
ultimo stadio della malattia, a volte c’era il ricovero in manicomio, di
individui in prevalenza maschile, braccianti, con psicosi differenti ma in
molti casi più che di cure mediche specifiche avevano semplicemente bisogno di
mangiare.
Il
panorama sanitario, già precario per la carenza di vitamine e proteine, si
arricchiva di dementi, che, a causa della polenta scondita, alla fine
dell'inverno aumentavano le fila della popolazione dei manicomi per disturbi
nervosi e psichici riconducibili in massima parte alla carenza i vitamina B12
fornita normalmente da carne, pesce, pollame e latticini.
Inoltre,
alcuni, manifestavano allucinazioni a sfondo alimentare cha la diagnosi catalogava come "manie di
grandezza", tutti avevano in comune una precoce vecchiaia e segni
indelebili di pellagra sulla pelle[5].
Era
stata messa in relazione la stagionalità della malattia, essa si manifestava a
pieno e con virilità nei mesi estivi, per contrarsi in quelli invernali.
“Essere
un pellagroso comportava diversi disagi e significava inoltre essere
etichettati con un marchio infamante. Tuttavia, adattarsi ad essere un
pellagroso, poteva essere la strada giusta talora, si voleva essere ammessi alle locande sanitarie e mangiare in
maniera gratuita e si aveva anche la
possibilità d ricevere a titolo gratuito in base alla legge 427 del 21/07/1920 alcuni kg di sale” [6].
from: http://www.blatner.com/adam/consctransf/ historyofmedicine/5-deficiencydiseases/5-deficdis.html Soggetto affetto da pellagra |
Ai
malati di pellagra ricoverati nelle apposite strutture si tendeva a dare un
pasto abbondante più che variato. Come una cattiva alimetazione poteva far
precipitare nella malattia, così una terapia alimentare (che spesso era anche
l'unica strada percorribile) poteva restituire la salute. Di questo i primi ad
esserne convinti furono i medici[7].
Per
tentare di frenare la diffusione che nel
1776 era considerata come nuova malattia, il proclama proibiva a chiunque di raccogliere
da fondi allagato granoturco inacidito e
di farne uso come cibo destinato all'alimentazione umana.
I
primi pellagrosi furono notati
dall'occhio attento di Terzaghi nel lontano 1750 vicino Sesto Calende. Tra il
1771 e il 1775, Frappoli e Zanetti, con delle ricerche erano stati i primi ad
elaborare un quadro clinico e sintomatologico.
Fin
dai primi tentativi di lettura scientifica la pellagra apparve un fenomeno
morboso strettamente collegato alle trasformazioni economiche che dalla II metà
del XVIII secolo avevano cominciato a percorrere le campagne padane e a lambire
il mondo mezzadrile dell'Italia centrale, il cui effetto vistoso consistette in
un salto di qualità nella dieta contadine, progressivamente depauperata d’ogni
rapporto vitaminico, fino ad arrivare al monofagismo maidico[8].
La
Pellagra si presenta come malattia sociale, che colpiva esclusivamente le
classi povere perchè non si potevano permettere di aggiungere altri alimenti
per innalzare il valore nutritivo del pasto come potevano logicamente fare
queli che godevano di una certa agiatezza.
Nella
fine del 1800 furono varate un gruppo di norme volte ad impedire quella che era
ritenuta la causa specifica della pellagra. Inoltre ci furono delle
disposizioni volte ad arginare
Il
punto più alto d’ammalati di pellagra fu toccato intorno al 1881, da lì in poi ebbe
un lento e progressivo declino. E il Messedaglia ci afferma che mentre gli
scienziati discutevano delle cause la pellagra guarì spontaneamente.
Ci
sono voluti decenni per capire che le cause della pellagra non era la polenta,
in quanto cibo sanissimo, ma si diffuse perché mancavano altri cibi e
condimenti.
Così
fu combattuta e vinta, intanto la polenta era stata ingiustamente messa da
parte, perché considerato erroneamente un pericolo. La polenta è nel cuore degli italiani, infatti è ricordata ed
esaltata innumerevoli volte in feste, tradizioni e folcloristiche[9].
[1] G. POROSINI, Agricoltura alimentare e condizioni
sanitarie. Prime ricerche sulla pellagra in Italia dal 1880 al 1940,
Genova, 1974 pag. 21
[2] ALBERTO
CAPATTI, ALBERTO DE BERNARDI &
ANGELO VARNI (a cura di), “13: L'
alimentazione” in Storiad’Italia. Annali 13, Torino,
Einaudi, 1998, pag. 25-26
[3] Ibid
[4] Cit. MASSIMO
MONTANARI, La fame e l’abbondanza. Storia
dell’alimentazione in Europa, pag. 170
[5] Cit. ALBERTO CAPATTI, ALBERTO DE BERNARDI E ANGELO VARNI (a cura
di)
[6] P.SORCINELLI, La pellagra e la morte. Medici condotti,
malattie e società alla fine del XIX secolo, Ancona, pag. 23.
[7]Cit. PAOLO SORCINELLI, Gli italiani e il cibo. Dalla polenta ai
cracker.
[8] FRANCO DELLA
PERUTA (a cura di), “7:Malattia e
medicina” in - Storiad’Italia. Annali 7, Torino, G. Einaudi, 1984.
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