mercoledì 7 novembre 2012

Cosa cerca il consumatore italiano?

Dimensione relazionale e caratteristiche peculiari


Sono molte le caratteristiche che differenziano una cultura da un’altra. Vi è la lingua, la religione, il colore della pelle ed infine vi sono le abitudini alimentari che, al contrario di ciò che si può pensare a prima vista, sono un aspetto da non sottovalutare in quanto il cibo, molto spesso, rappresenta una frontiera culturale simbolica, e tutto ciò si può osservare ad esempio con i numerosissimi tabù alimentari.
 Il cibo soddisfa le esigenze di bisogno primario. Le stesse motivazioni pratiche, che condizionano le scelte alimentari, non sono più sufficienti da sole a giustificarle, soprattutto dopo che tali scelte si sono radicate nella tradizione di un popolo. Una parte del comportamento alimentare è determinata da stimoli che rispondono a valori di utilità, i quali dipendono da bisogni fisiologici; un’altra parte risponde sempre a “stimoli gratuiti”, i quali soddisfano bisogni culturali e dipendono dalle modalità con cui si accetta o si rifiuta il cibo. Il cibo può rappresentare una frontiera culturale simbolica ma allo stesso tempo il cibo segna dei confini ben precisi anche all’interno della stessa società. Per molti, queste regole sono fondamentali per definire la propria identità, in rapporto sia alla religione sia ai propri simili, e in pratica modellano la società in cui viviamo. Dal canto suo, il consumatore può essere considerato un individuo plurale in grado di attuare soggettivamente dei comportamenti diversi nella logica e nel significato a seconda della natura del cibo e del contesto sociale in cui ci si trova. Le pratiche alimentari sono viste come il risultato dell’incontro fra un consumatore socialmente identificato, che si può descrivere ricorrendo alle categorie classiche della sociologia ( in termini di età, genere, livello di studio, etc.), una situazione in un contesto sociale identificato ( tipo di condivisione, festiva o comune, in casa o fuori, pubblico o privato) e un alimento particolare intorno al quale si aggregano delle rappresentazioni all’interno di un universo socioculturale. Questi tre elementi costituiscono i vertici del “ triangolo del consumatore alimentare”, il quale a sua volta varia nello spazio sociale e nel tempo. L’atto del consumo non è isolato, anzi il consumo esprime spesso la ricerca di una nuova dimensione comunitaria e di relazioni. I consumatori cercano di ricostruire attraverso i consumi i propri legami sociali dando vita a vere e proprie “tribù” formate da persone che condividono lo stesso interesse per un determinato prodotto e ogni individuo può appartenere a diverse comunità di consumo. In una società che riduce le relazioni affettive più ovvie il consumo ha la forza di proporsi come elemento di ricongiungimento. Il mangiare fuori casa non è solo un elemento funzionale ( cioè abbiamo meno tempo e voglia), si interpreta come risposta alla ricerca di legami sociali, cioè i riti del passato ( matrimonio, pranzo della domenica, sagra del paese, uccisione del maiale, mensa). Molto importante per la ristorazione commerciale è il valore della tradizione. Il consumatore oggi cerca un prodotto su misura, cioè far si che il cliente pensi che sia fatto per lui (In uno spezzone de film “La vita è bella” il cameriere Guido riesce a vendere l’unica cosa presente in cucina con straordinaria abilità facendo in modo che la pietanza proposta sia personalizzata per il cliente). Oggi la personalizzazione del prodotto/servizio offerto è interpretare il desiderio del cliente e fargli credere che è fatto su misura per quest’ultimo. Il consumatore vuole risparmiare tempo, perché il consenso si presenta come forma di “ accesso”, di protagonista di un “affitto” per l’utilizzo temporaneo del prodotto stesso o di una esperienza. Anche la dimensione dell’impatto ambientale deve essere un più controllato ( menù a Km zero). Infatti, fra i consumatori italiani si accresce la sensibilità riguardanti all’ambiente a parità di prezzo, se incide sul prezzo esalta la sensibilità. Quando il consumo non è visto come bisogno bensì come desiderio allora si passa dalla sfera della ragione a quella dell’emozione e quando la qualità sperimentata delude il consumatore cresce il sentimento di rabbia, perché la consapevolezza di aver preso una fregatura lede l’autostima. Attraverso l’implementazione di strategie di marketing, il ristoratore quindi, punta a conferire alla propria offerta un’immagine distintiva, in modo da acquisire la preferenza dei consumatori ed incrementare la fedeltà della clientela. Le principali leve di marketing sulle quali il ristoratore può investire, riguardano: il layout del locale, il menù; il prezzo medio del pasto, il personale, la cura nella preparazione dei piatti e della tavola.

Bibliografia: M. FRANCHI, Il cibo flessibile, 2009

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