domenica 25 novembre 2012

Laganelle homemade fresh pasta with cod and breadcrumbs


Laganelle con baccalà e mollica di pane croccante
Laganelle fresh pasta with  cod and breadcrumbs

Calabrians  make this dish on Christmas Eve or in cold months. You can use the cod as a main course or you can eat with the pasta. You can make the pasta with warm water instead eggs.

My homemade lagane fresh pasta
Serves 4 to 5

For Homemade fresh pasta:
500 g  wheat flour;
50 ml extra virgin olive oil;
5 eggs

For Cod  sauce:
300 g Cod ( Skinless and boneless);
40 ml extra virgin olive oil;
A Half small onion;
1,2 l of canned peeled tomatoes;
10 g of basil leaves

Cod is cooking
For toasted breadcrumbs:
60 ml of extra virgin olive oil;
100 g  homemade fresh breadcrumbs;
 5 g Red hot chili pepper

Cod sauce
1.     Heat the saucepan with olive oil and add the  chopped onion until golden.
2.     Add the canned tomatoes, salt  and the loaves of basil cut on half.
3.     Let it cook for about 20 mins and stir accasionally.
4.     Add the cod (into a square pieces of 4 cm for each side) and keep the sauce warm over low heat.

Fresh pasta
1.     Place the flour on a wood chopping board and make a well in the Centre.
2.     Put the eggs and the olive oil in the well. Mix with your hand until you have a shaggy dough.
3.     Continue mixing until the dough incorporates all the flour. Turn the dough out onto a work surface and knead with hands until the dough is firm and not sticky.
4.     Now shape the dough into a ball and cover it with a moist wrap. Let it rest for about  1 hour.
5.     Now you can roll the dough by hand or by a pasta maker machine and you can cut the noodles with tagliatelle cutter. For a traditional taste  I suggest you to use the first method.
6.     If you use the first method cut a piece of pasta and  make a circle. Roll the piece of pasta into a circle approximately 5 millimeters thick.  You have to roll from the center of the circle outward, giving the dough a quarter-turn after each roll to maintain the circle.
7.     Now you have to dust the surface of the  circle with flour and roll it until the circle is about 35 centimeters in diameter  and about 2 millimeters thick. Dust again the surface with flour.
8.     Cut the circle in half and keep a half apart. Fold  the dough until you have a long flat roll about 3 centimeters wide.
9.     With a sharp knife cut the pasta into a 8 millimeters ribbons.  Cover the pasta with a towel.

Breadcrumbs
Golden breadcrumps
1.     Cut the bread into small cubes and process them in a blender.
2.     Warm the olive oil in a frying pan and add red hot calabrese chili pepper in powder.
3.     Add the breadcrumbs and stir to coat with oil. Cook, stirring constantly, until the breadcrumbs are evenly golden brown and crunchy.
4.     Let it cool.

Dish Ready to eat

Some pieces of cod
Boil in a casserole, 5 litres of water and add the salt. Add the pasta and cook for few minutes (and stir it) until al dente. Take it off and put into a large saucepan  a with cod sauce ( Put the pieces of cods into a bowl and cover it with plate) and jump pasta and sauce  until become homogeneous. Put the pasta into 5  round plates and fill with breadcrumbs. 

venerdì 23 novembre 2012

The Gastronomist - Il Paladino del Gusto: Customer satisfaction

The Gastronomist - Il Paladino del Gusto: Customer satisfaction: Partendo dall’analisi delle peculiarità del prodotto ristorativo è d’obbligo affrontare gli aspetti cruciali dell’arte della vendita e del...

Customer satisfaction

Partendo dall’analisi delle peculiarità del prodotto ristorativo è d’obbligo affrontare gli aspetti cruciali dell’arte della vendita e dell’ospitalità. L’ accoglienza in tutti i reparti dell’ospitalità (Room Division / Food & Beverage Department / Housekeeping), infatti, è un’arte, perché non è semplicemente il frutto di doti innate, ma di capacità comunicative, di attenta osservazione e di ascolto, di conoscenza di specifiche tecniche. È comprovato, infatti, che nel settore turistico alberghiero il raggiungimento di eccellenti risultati economici della struttura sia strettamente legato allo sviluppo, da parte degli operatori, di professionalità, qualità del servizio e attenzione al cliente. Dalla formazione professionale al reclutamento delle risorse umane, l’orientamento alla vendita  e all’accoglienza sono sovente elementi trascurati nel settore, dove, invece, attitudini e capacità per conquistare il cliente sono elementi decisivi per il successo dell’impresa stessa, indipendentemente dalle sue dimensioni. Qualunque albergo ha, infatti, necessità di sviluppare un’attività di marketing per farsi conoscere dal mercato, ma è con l’attività di vendita e con l’accoglienza che si conclude il processo, aiutando il cliente a scegliere di acquistare i servizi alberghieri che vengono offerti con completezza e affidabilità. In un mercato sempre più competitivo, vendere servizi non è frutto solo di tecniche, ma anche di arte, ovvero della capacità e della sensibilità di conoscere e sapere interpretare i mutevoli gusti del mercato. Sono questi i presupposti per riuscire ad essere propositivi e creativi nella presentazione del prodotto o del servizio. Esercitarsi nell’arte dell’ospitalità richiede pertanto impegno, entusiasmo, capacità ed attitudini personali che consentano di conquistare la fiducia del cliente e riuscirne a soddisfarne i bisogni. Il successo sta nella capacità del personale dipendente di entrare in contatto con gli ospiti, di creare un rapporto personalizzato in grado di guidare il cliente nella scelta di prodotti e servizi, nell’interesse dell’azienda, ma con la piena soddisfazione dei clienti e degli addetti ai lavori. Vendere ospitalità, insitamente ai servizi di cui l’azienda dispone, vuol dire soprattutto offrire serenità, sicurezza e tranquillità a coloro che per diversi motivi si trovano a mangiare fuori casa. Ciò significa pertanto considerare le caratteristiche peculiari del prodotto ristorativo, la componente umana nella prestazione di ogni servizio, il coinvolgimento di tutto lo staff nel processo di vendita, gli sforzi e il tempo per conquistare nuovi clienti. Ciò che si propone l’industria dell’ospitalità è quindi un insieme di servizi e prodotti complessi, costituiti da un mix di elementi tangibili e intangibili.

sabato 17 novembre 2012

Gnocchi di patate con crostacei e fondente di pomodoro



Gnocchi di patate  con crostacei e  fondente di pomodoro

Ingredienti:
Gnocchi
8       g di patate gialle vecchie,
50 g di farina,
 1 tuorlo d’uovo
Fondente di pomodoro
8 pomodori San Marzano molto maturi
400 g di gamberetti,
100 g di fumetto di pesce,
olio extra vergine d’oliva ligure,
2 spicchi d’aglio,
basilico,
sale e pepe.



  1. Gnocchi. Lavare le patate e lessarle quindi sbucciarle e passarle ancora calde allo schiacciapatate. Disporre la purea a fontana sul piano di lavoro, unire la farina e impastare. Quando il composto si sarà sufficientemente raffreddato, aggiungere il tuorlo. Impastare velocemente e fare riposare il composto per circa cinque minuti. Formare gli gnocchi, dando loro la forma di fusi lunghi circa 3 cm, rigonfi incentro e affusolati alle estremità.
  2. Fondente di pomodoro.  Lavare e spellare i pomodori. Tagliarli a pezzetti e saltarli in padella per circa 3 minuti a fuoco  vivace con un filo d’olio  e uno spicchio d’aglio. Sciacquare i gamberi, sgusciarli e  saltarli leggermente in padella con poco olio. Raccogliere i pomodori, 4 foglie  spezzettate di basilico, il fumetto di pesce. Frullare e passare al colino fine. Rimettere in casseruola e far ridurre. Pestare una manciata di foglie di basilico in un mortaio con qualche granello di sale, fino a quando saranno completamente spappolate. Diluire il pesto con un po’ d’olio. Tuffare gli gnocchi in acqua bollente poco salata e scolarli con una schiumarola appena salgono a galla.
Presentazione. Velare i piatti con la fondente di pomodoro, disporre gli gnocchi a raggiera, riempire lo spazio centrale con i gamberi sgusciati. Completare con un filo di  pesto al basilico.

giovedì 15 novembre 2012

New Calabrese Homemade bread


My own  Olive oil Bread

Dough is rising
Ingredients:
1 Kg 00 wheat flour
600 ml warm water ( 35°C)
100 ml extra virgin olive oil
45 g salt
50 g yeast

Preparation method:
1.    Place the warm water in a large bowl. Stir in the yeast and mi well ‘till  all lumps of yeast have disappeared. Now add 100 ml of extra virgin olive oil and mix again.
2.    Put the flour in a large bowl, mix with the salt  and make a well in the centre. Add the yeast mixture and mixing little by little.
3.    Using your hands, with the dough form a ball. Put the dough on a floured surface and cover it with a tea towel.
Incision
4.     Let it rest for about 1-1 ½ hours ‘till the dough has doubles in size. The time of fermentation depending on the warmth and relative humidity of the room.
5.    Heat the oven to 180°C  with about 20% of moisture.
6.    Cut the dough in two pieces and shape it using fingers into a  round loaf. Place the two loaves on a baking tray.
7.    If you like make a cross in the top with a sharp knife. This operation will help the loaf to rise. Leave the dough to rise until it has doubled in size again.
8.    Bake for 40 minutes. The bread is ready when is golden brown.
9.    You can stock the loaves for 2- 3 days in a warm place.

My homemade bread
This is part of calabrese diet. Italians ate bread with every meal. You can make 2 loaves, the time of preparation is about 3 hours whilst the cooking time is about 40 mins. 

lunedì 12 novembre 2012

Come ha influito il monofagismo maidico nella società italiana?


La pellagra: nascita, diffusione e declino

 di Giuseppe PALADINO


Il mais, dopo il XVII secolo, aveva liberato gran parte della popolazione dalla dipendenza alimentare cerealicola tradizionale, ma al contempo aveva dato il via ad                        un’ulteriore breccia nelle difese sanitarie dell'organismo umano. [1]
from: http://www.agraria.org/
coltivazionierbacee/mais.htm
Particolare di una pianta di mais
          Anche nelle regioni della Francia,  Spagna, Romania, fra i negri e le popolazioni meno abbienti del sud degli USA, il mais è stato oggetto di utilizzo alimentare per la popolazione, ma le ripercussioni sotto forma di pellagra nei suoi diversi stadi della patologia non acquistarono quella intensità che caratterizzò l'Italia settentrionale per l'intero XIX secolo e oltre. La pellagra non era solo legata all’alimentazione a base di mais, ma dipendeva anche e soprattutto dai modi con cui il cereale era preparato e mangiato. [2]
 I  Popoli delle civiltà Azteca e Maya lasciavano in ammollo il mais per renderlo commestibile con l’acqua di calce una soluzione alcalina(tecnica detta di nixtamalizzazione). Questo processo permetteva di rendere “biodisponibili” per la digestione la vitamina niacina e un importante aminoacido, il triptofano, che, a sua volta, si converte in niacina.
L’antica pratica di mettere l’impasto di mais a bagno per una notte in acqua di calce prima di fare le tortillas non fu mai trasmessa a quei paesi del Vecchio Mondo nei quali fu diffuso il mais, o alle comunità il cui alimento principale era costituito dal mais. Questo, quasi inevitabilmente, portò alla diffusione della malattia da carenza di niacina: la pellagra.
Italo Giglioli, fra gli altri, fin dai primissimi anni del  ’900  pur non possedendo nessuna nozione vitaminica, avea individuato perfettamente il nocciolo della situazione, insistendo sui danni provocati dall'alimentazione "quasi esclusivamente maidica di gran parte dei nostri contadini", ma soprattutto dei contadini di quelle parti d'Italia dove la farina di  granoturco si consuma sottoforma di mal preparata polenta mangiata insipida e priva di condimenti impedendo il rialzo del valore nutritivo. L'elemento scatenante, in effetti, consisteva non tanto nella polenta in se e per se, quanto nel suo bassissimo valore nutritivo da un punto di vista vitaminico, ma questo lo si appurò molti anni dopo, quando si scoprì che il processo di bollitura, necessario alla farina di granoturco per essere trasformata in polenta, liberava e disperdeva anche quella minima quantità di vitamina PP (del gruppo B) in essa contenuta. Non essendo tale perdita compensata in altra maniera, si presentavano a lungo andare  manifestazioni diarroiche e cutanee e in fine più o meno accentuate forme di demenza con tendenze suicide. [3]
from: http://www.luccalive.com/2012/07/31/
sagra-della-polernta-a-palle/
Polenta appena cotta
          La pellagra viene  segnalata per la prima volta nell’Asturie in Spagna intorno al 1730 e poco più tardi si trova anche in Francia meridionale  e  nell’ Italia padana. Questa malattia seguì pari passo la diffusione del mais, rappresentò una piaga endemica di molte campagne dell’Europa centro-meridionale. [4]
Clinicamente, la malattia è identificata dalle tre D - dermatite, diarrea e demenza - e, se non viene curata, la pellagra può portare alla morte nel giro di quattro o cinque anni.
All' ultimo stadio della malattia, a volte c’era il ricovero in manicomio, di individui in prevalenza maschile, braccianti, con psicosi differenti ma in molti casi più che di cure mediche specifiche avevano semplicemente bisogno di mangiare.
Il panorama sanitario, già precario per la carenza di vitamine e proteine, si arricchiva di dementi, che, a causa della polenta scondita, alla fine dell'inverno aumentavano le fila della popolazione dei manicomi per disturbi nervosi e psichici riconducibili in massima parte alla carenza i vitamina B12 fornita normalmente da carne, pesce, pollame e latticini.
Inoltre, alcuni, manifestavano allucinazioni a sfondo alimentare  cha la diagnosi catalogava come "manie di grandezza", tutti avevano in comune una precoce vecchiaia e segni indelebili di pellagra sulla pelle[5].  
Era stata messa in relazione la stagionalità della malattia, essa si manifestava a pieno e con virilità nei mesi estivi, per contrarsi in quelli invernali.
“Essere un pellagroso comportava diversi disagi e significava inoltre essere etichettati con un marchio infamante. Tuttavia, adattarsi ad essere un pellagroso, poteva essere la strada giusta talora, si voleva essere ammessi  alle locande sanitarie e mangiare in maniera  gratuita e si aveva anche la possibilità d ricevere a titolo gratuito in base alla legge  427 del 21/07/1920 alcuni kg di sale” [6].
from: http://www.blatner.com/adam/consctransf/
historyofmedicine/5-deficiencydiseases/5-deficdis.html
Soggetto affetto da pellagra
Né la pesca delle rane (nelle zone del Po’), né i furti potevano essere considerati rimedi affidabili, anche se in determinate circostanze hanno consentito di far sopravvivere intere famiglie di contadini che dopo il 1869 si trovavano stretti fra la tassa del macinato e una drastica e progressiva riduzione delle giornate di lavoro.
Ai malati di pellagra ricoverati nelle apposite strutture si tendeva a dare un pasto abbondante più che variato. Come una cattiva alimetazione poteva far precipitare nella malattia, così una terapia alimentare (che spesso era anche l'unica strada percorribile) poteva restituire la salute. Di questo i primi ad esserne convinti furono i medici[7]
Per tentare di frenare  la diffusione che nel 1776 era considerata come nuova malattia, il proclama proibiva a chiunque di raccogliere da fondi  allagato granoturco inacidito e di farne uso come cibo destinato all'alimentazione umana.
I primi pellagrosi  furono notati dall'occhio attento di Terzaghi nel lontano 1750 vicino Sesto Calende. Tra il 1771 e il 1775, Frappoli e Zanetti, con delle ricerche erano stati i primi ad elaborare un quadro clinico e sintomatologico.
Fin dai primi tentativi di lettura scientifica la pellagra apparve un fenomeno morboso strettamente collegato alle trasformazioni economiche che dalla II metà del XVIII secolo avevano cominciato a percorrere le campagne padane e a lambire il mondo mezzadrile dell'Italia centrale, il cui effetto vistoso consistette in un salto di qualità nella dieta contadine, progressivamente depauperata d’ogni rapporto vitaminico, fino ad arrivare al monofagismo maidico[8]
La Pellagra si presenta come malattia sociale, che colpiva esclusivamente le classi povere perchè non si potevano permettere di aggiungere altri alimenti per innalzare il valore nutritivo del pasto come potevano logicamente fare queli che godevano di una certa agiatezza.
Nella fine del 1800 furono varate un gruppo di norme volte ad impedire quella che era ritenuta la causa specifica della pellagra. Inoltre ci furono delle disposizioni volte ad arginare
Il punto più alto d’ammalati di pellagra fu toccato intorno al 1881, da lì in poi ebbe un lento e progressivo declino. E il Messedaglia ci afferma che mentre gli scienziati discutevano delle cause la pellagra guarì spontaneamente.
Ci sono voluti decenni per capire che le cause della pellagra non era la polenta, in quanto cibo sanissimo, ma si diffuse perché mancavano altri cibi e condimenti.
Così fu combattuta e vinta, intanto la polenta era stata ingiustamente messa da parte, perché considerato erroneamente un pericolo. La polenta è nel cuore  degli italiani, infatti è ricordata ed esaltata innumerevoli volte in feste, tradizioni e folcloristiche[9]




[1] G. POROSINI, Agricoltura alimentare e condizioni sanitarie. Prime ricerche sulla pellagra in Italia dal 1880 al 1940, Genova,  1974 pag. 21
[2]   ALBERTO CAPATTI,  ALBERTO DE BERNARDI & ANGELO VARNI (a cura di), “13: L' alimentazionein  Storiad’Italia. Annali 13, Torino, Einaudi, 1998, pag. 25-26
[3] Ibid
[4] Cit.  MASSIMO MONTANARI, La fame e l’abbondanza. Storia dell’alimentazione in Europa, pag. 170
[5] Cit. ALBERTO CAPATTI,  ALBERTO DE BERNARDI E ANGELO VARNI (a cura di)
[6]  P.SORCINELLI, La pellagra e la morte. Medici condotti, malattie e società alla fine del XIX secolo, Ancona,  pag. 23.
[7]Cit. PAOLO SORCINELLI, Gli italiani e il cibo. Dalla polenta ai cracker.
[8]  FRANCO DELLA PERUTA (a cura di), “7:Malattia e medicina” in  - Storiad’Italia. Annali 7, Torino, G. Einaudi,  1984.
 [9]  Cit. LUIGI CARNACINA-VINCENZO BUONASSISI.


venerdì 9 novembre 2012

The Gastronomist - Il Paladino del Gusto: Petto di germano reale, salsa peperita e cipollott...

The Gastronomist - Il Paladino del Gusto: Petto di germano reale, salsa peperita e cipollott...: Petto di germano reale, salsa peperita e cipollotti al balsamico Ingredienti 2 germani il succo di 4 arance o marmellata di ar...

Petto di germano reale, salsa peperita e cipollotti al balsamico

Petto di germano reale, salsa peperita e cipollotti al balsamico

Ingredienti

2 germani
il succo di 4 arance o marmellata di arance,
100 g di brodo di germano,
200 g di fondo di germano,
olio extra vergine di oliva,
1 bicchierino di brandy,
1 scalogno,
2 spicchi d’aglio,
Aceto balsamico tradizionale
Sale e pepe

Per i Cipollotti

300 g di cipollotti,
300 g di zucchero di canna,
aceto,
fondo bruno

Per le patate filo: 2 patate medie


Procedimento:
  1. Pulire i germani. Metterli in una teglia  con un filo d’olio e l’aglio in camicia e cuocerli per 20 minuti a 180°C in forno. Pennellarli con aceto  Balsamico Tradizionale e proseguire la cottura per 10 minuti. Farli riposare per 5 minuti e selezionarli togliendo i petti e le cosce. In una padella imbiondire lo scalogno tritato con un filo d’olio, fiammeggiare con il Brandy e far evaporare. Unire il succo d’arancia e il brodo. Far ridurre il liquido della metà, aggiungere il fondo e ridurre ancora della metà. Filtrare e conservare in caldo. Cuocere gli spinaci in padella con il burro e salare.
  2. Cipollotti. In un rondeau mettere i cipollotti e lo zucchero di canna, un po’ d’aceto e mettere sul fuoco con un coperchio. Quando il liquido si secca aggiungere il fondo di carne e salare  accuratamente.
  3. Per le patate filo: prendere due patate di media grandezza e dopo averle pelate fare dei fili sottilissimi attraverso l’apposito attrezzo cinese. Immergerli in acqua ghiacciata per rinvenirle.
  4. Scaldare l’olio in un wok (Padella cinese usata per frigger) e scolare con accuratezza le patate asciugandole delicatamente  e fare dei nidi di  fili di patate. Quando l’olio è ben caldo immergere i nidi e allargarli con accuratezza, qualche secondo dopo piegarle in modo da formare una formina di nido. Scolare e adagiare sulla carta assorbente.
Presentazione. Disporre al centro di ciascun piatto un petto e una coscia di germano o solo il petto tagliato  a fette e coricare una sull’altra. Bagnare con la salsa e guarnire con i cipollotti e una nuvoletta di patata filo sopra il germano reale.

mercoledì 7 novembre 2012

Cosa cerca il consumatore italiano?

Dimensione relazionale e caratteristiche peculiari


Sono molte le caratteristiche che differenziano una cultura da un’altra. Vi è la lingua, la religione, il colore della pelle ed infine vi sono le abitudini alimentari che, al contrario di ciò che si può pensare a prima vista, sono un aspetto da non sottovalutare in quanto il cibo, molto spesso, rappresenta una frontiera culturale simbolica, e tutto ciò si può osservare ad esempio con i numerosissimi tabù alimentari.
 Il cibo soddisfa le esigenze di bisogno primario. Le stesse motivazioni pratiche, che condizionano le scelte alimentari, non sono più sufficienti da sole a giustificarle, soprattutto dopo che tali scelte si sono radicate nella tradizione di un popolo. Una parte del comportamento alimentare è determinata da stimoli che rispondono a valori di utilità, i quali dipendono da bisogni fisiologici; un’altra parte risponde sempre a “stimoli gratuiti”, i quali soddisfano bisogni culturali e dipendono dalle modalità con cui si accetta o si rifiuta il cibo. Il cibo può rappresentare una frontiera culturale simbolica ma allo stesso tempo il cibo segna dei confini ben precisi anche all’interno della stessa società. Per molti, queste regole sono fondamentali per definire la propria identità, in rapporto sia alla religione sia ai propri simili, e in pratica modellano la società in cui viviamo. Dal canto suo, il consumatore può essere considerato un individuo plurale in grado di attuare soggettivamente dei comportamenti diversi nella logica e nel significato a seconda della natura del cibo e del contesto sociale in cui ci si trova. Le pratiche alimentari sono viste come il risultato dell’incontro fra un consumatore socialmente identificato, che si può descrivere ricorrendo alle categorie classiche della sociologia ( in termini di età, genere, livello di studio, etc.), una situazione in un contesto sociale identificato ( tipo di condivisione, festiva o comune, in casa o fuori, pubblico o privato) e un alimento particolare intorno al quale si aggregano delle rappresentazioni all’interno di un universo socioculturale. Questi tre elementi costituiscono i vertici del “ triangolo del consumatore alimentare”, il quale a sua volta varia nello spazio sociale e nel tempo. L’atto del consumo non è isolato, anzi il consumo esprime spesso la ricerca di una nuova dimensione comunitaria e di relazioni. I consumatori cercano di ricostruire attraverso i consumi i propri legami sociali dando vita a vere e proprie “tribù” formate da persone che condividono lo stesso interesse per un determinato prodotto e ogni individuo può appartenere a diverse comunità di consumo. In una società che riduce le relazioni affettive più ovvie il consumo ha la forza di proporsi come elemento di ricongiungimento. Il mangiare fuori casa non è solo un elemento funzionale ( cioè abbiamo meno tempo e voglia), si interpreta come risposta alla ricerca di legami sociali, cioè i riti del passato ( matrimonio, pranzo della domenica, sagra del paese, uccisione del maiale, mensa). Molto importante per la ristorazione commerciale è il valore della tradizione. Il consumatore oggi cerca un prodotto su misura, cioè far si che il cliente pensi che sia fatto per lui (In uno spezzone de film “La vita è bella” il cameriere Guido riesce a vendere l’unica cosa presente in cucina con straordinaria abilità facendo in modo che la pietanza proposta sia personalizzata per il cliente). Oggi la personalizzazione del prodotto/servizio offerto è interpretare il desiderio del cliente e fargli credere che è fatto su misura per quest’ultimo. Il consumatore vuole risparmiare tempo, perché il consenso si presenta come forma di “ accesso”, di protagonista di un “affitto” per l’utilizzo temporaneo del prodotto stesso o di una esperienza. Anche la dimensione dell’impatto ambientale deve essere un più controllato ( menù a Km zero). Infatti, fra i consumatori italiani si accresce la sensibilità riguardanti all’ambiente a parità di prezzo, se incide sul prezzo esalta la sensibilità. Quando il consumo non è visto come bisogno bensì come desiderio allora si passa dalla sfera della ragione a quella dell’emozione e quando la qualità sperimentata delude il consumatore cresce il sentimento di rabbia, perché la consapevolezza di aver preso una fregatura lede l’autostima. Attraverso l’implementazione di strategie di marketing, il ristoratore quindi, punta a conferire alla propria offerta un’immagine distintiva, in modo da acquisire la preferenza dei consumatori ed incrementare la fedeltà della clientela. Le principali leve di marketing sulle quali il ristoratore può investire, riguardano: il layout del locale, il menù; il prezzo medio del pasto, il personale, la cura nella preparazione dei piatti e della tavola.

Bibliografia: M. FRANCHI, Il cibo flessibile, 2009

domenica 4 novembre 2012

"L'uomo è ciò che mangia"



Il rapporto tra cibo e società

Il
 cibo, oltre alla pura e semplice funzione nutritiva, può assumere un’infinità di significati. E costituendo un elemento essenziale della realtà psicologica, sociale e culturale dell’uomo, è sicuramente un mezzo privilegiato per la rappresentazione della realtà. Basta pensare all’importanza della convivialità, il senso d’ospitalità e d’accoglimento manifestati attraverso l’offerta e la condivisione del cibo, tratti che fanno parte della nostra storia, ma anche del presente. Il bambino, del resto, compie le sue prime esperienze conoscitive ed affettive attraverso il contatto orale con il seno della madre, attraverso il nutrimento: attraverso il cibo, il bambino entra in contatto per la prima volta con il mondo. L’alimentazione tocca una serie di complessità, dalla religione ai rituali, dalla psicologia individuale e collettiva alla tradizione, dalla sopravvivenza dei comportamenti atavici dei cacciatori agli adattamenti all’ambiente ed alle contingenze, alle tecniche, alle pratiche materiali di dominio dell’ambiente. Il mangiare è divenuto  un elemento essenziale dell’organizzazione e dell’identità sociale, rispecchiando particolari gerarchie simboliche e culturali.
 “L’uomo è ciò che mangia”. Il significato è comunque il medesimo: il cibo consumato è sempre stato per l’uomo un simbolo del suo rango sociale, della civiltà e della cultura di cui fa parte.
Il cibo in quanto prodotto culturale, è espressione di una civiltà, e la funzione simbolica del cibo non comincia dai prodotti grezzi offerti dall’habitat naturale, ma dalla loro trasformazione in alimenti. In questo senso il cibo è un simbolo dell’umanità; l’uomo non consuma immediatamente ciò che la natura gli offre, ma trasforma in cibo, con il lavoro, ciò che la natura gli dà, rendendolo idoneo al suo organismo e ai suoi fini.
           Per questo possiamo richiamare nuovamente la citazione del filosofo tedesco Feuerbach: ”L’uomo è ciò che mangia”. Le trasformazioni culinarie, quindi, possono accompagnare e riflettere il passaggio dalla Natura-il crudo alla Cultura-il cotto, come dimostra il grande antropologo Lévi-Strauss, nel suo famoso studio sulla mitologia sudamericana “Il crudo e il cotto”: la cucina è concepita come mediazione tra la naturalezza e la socializzazione. Il cibo diviene spesso un criterio di identità etnica, un segno di continuità tra passato e presente, una specie di radicamento all’interno di una società che rimane forte nonostante essa abbia disperso i suoi legami con la tradizione ed il passato. Il cibo oltre ad essere un elemento di sostentamento del corpo, è anche un importante medium, in quanto rappresenta un mezzo di comunicazione, attraverso il quale l’individuo esprime se stesso e allo stesso tempo si differenzia dagli altri, ovvero da coloro i quali non hanno le stesse abitudini alimentari. Il cibo può rappresentare una “frontiera culturale simbolica”, così come si può osservare con i tabù alimentari. [1]



[1] MARVIN HARRIS, Buono da mangiare, Torino, Einaudi, 1990

Millefoglie alla crema


Millefoglie alla crema con salsa caramellata

Ingredienti: 
250 g di pasta sfoglia,
Crema pasticcera
8 tuorli d’uovo,
250 g di zucchero,
80 g di farina,
1 l di latte,
1 bustina di vanillina
Salsa al caramello
100 g di zucchero,
1 bicchiere d’acqua
Guarnizione
Zucchero a velo
Salsa di fragole
Fiori eduli

Procedimento:
  1. Tirare la sfoglia fino ad uno spessore di 2 mm (Scongelarla preventivamente se scongelata). Stenderla in una teglia e cuocerla in forno, possibilmente ventilato, a 180 °C.  Far  cuocere finchè assumerà un bel colore dorato e lasciarla raffreddata.
  2. Crema pasticcera. Far bollire il latte. Battere i tuorli d’uovo con lo zucchero e la farina e, mescolando, aggiungere il latte. Rimettere il composto sul fuoco e fare addensare senza smettere di mescolare. Lasciare raffreddare mescolando di tanto in tanto per evitare che si formi il velo in superficie.
  3. Salsa. Preparare il caramello sciogliendo lo zucchero con un cucchiaio d’acqua a fiamma bassa. Quando lo zucchero scurisce aggiungere un bicchiere d’acqua freddo e portare ad ebollizione in modo che la salsa si addensi. Non è necessario mescolare. Lasciar raffreddare. Affettare sottilmente le mandorle e tostarle in forno per qualche istante.
Presentazione. Porre un cucchiaio di crema al centro dei piatti. Spezzettare la sfoglia e formare un primo strato con la crema. Versare un altro cucchiaio abbondante di crema e coprire con un secondo strato di sfoglia rotta grossolanamente cercando di  creare una montagnetta. Cospargere di zucchero a velo e decorare con un filo caramello e un filo longitudinale sul piatto di salsa alla fragola.

martedì 23 ottobre 2012

Come aumentare le vendite al ristorante?




di G.S. PALADINO

Il personale dei pubblici esercizi, propone continuamente i servizi alla clientela accontentandosi di rispondere in modo passivo alle richieste. La struttura perde quotidianamente, in questo modo, centinaia di opportunità di vendita e quindi di ricavo addizionale potenziale. Io propongo, dei corsi di aggiornamento per il personale di sala, volti a migliorare la professionalità, incrementare le vendite e ad offrire al cliente un servizio sempre maggiore. A riguardo, molto importante è il suggestive selling. Un insieme di tecniche sottili di vendita diretta, destinate a generare un acquisto dei prodotti e servizi più interessanti per l’azienda, mantenendo intatta la soddisfazione del cliente. È una potenziale chiave per aumentare la soddisfazione dei ricavi, profitti e clienti. Il suggestive selling, a volte chiamato "up-selling", utilizza la creazione di valore aggiunto da parte del personale di sala per suggestionale l’acquisto del prodotto o servizio del cliente. È uno dei più facili, economicamente più efficaci modi per aumentare le entrate, profitti e la soddisfazione del cliente. Si tratta di una pratica comune dei migliori venditori in aziende di servizi . Ricerche hanno dimostrato che quando i clienti si presentano come parte di una customer experience positiva, la suggestive selling non solo aumenta i valori di reddito e profitto, ma aumenta anche la soddisfazione del cliente. La percezione del cliente di avere ricevuto un valore e la soddisfazione del servizio ricevuto aumenta, perché viene apprezzata l'attenzione personalizzata che il proprio rivenditore con osservazioni e raccomandazioni ha guidato l’acquisto. Il 70% dei clienti non sa cosa ordinerà quando entra in un ristorante, quindi dipende dal cameriere di sala saper consigliare le pietanze e
le bevande per far passare al cliente un’esperienza indimenticabile. Saper consigliare il cliente significa anche comunicare in maniera da coinvolgerlo emotivamente proponendogli particolari preparazioni culinarie e vini di pregio che si fanno desiderare. Lo scopo del cameriere è aumentare la soddisfazione del cliente e la media di spesa dello stesso. La suggestive selling è parte integrante del lavoro del personale di sala, che è anche responsabile di “interpretare” ciò che il cliente desidera, il consiglio deve essere dato in maniera discreta in modo da far percepire al cliente una potenzialità di scelta maggiore di quella che è in realtà. Oltretutto i clienti sono aperti ai suggerimenti perché li percepiscono come risparmio in termini di tempo, in termini monetari, di sforzo e in più hanno l’occasione di sperimentare l’acquisto di nuovi prodotti. Ovviamente per poter vendere bene i propri prodotti e servizi il personale deve conoscere bene il prodotto in questione, la giusta pronuncia, gli ingredienti contenuti, il metodo di cottura, la grammatura della porzione, eventuali salse di accompagnamento e gli eventuali prodotti sostitutivi. All’arrivo del cliente in sala lo si deve accogliere con idoneo commiato di benvenuto attraverso un sorriso e il contatto con gli occhi, a questo punto si passa alla costruzione del rapporto tra cliente e venditore chiedendo domande per poter carpire il carattere del cliente e capire ciò che il cliente necessita. Non si può vendere ciò che il cliente vorrebbe ma che in realtà non necessita, bensì quello che desidera. Per fare una vendita ottimale bisogna tenere sempre presente l’obiettivo che il datore di lavoro ha suggerito di raggiungere per cui è richiesto il suggerimento delle pietanze o di un buon calice di vino lasciando al cliente la scelta senza cercare di spingere solo un determinato prodotto. È buona prassi usare parole descrittive per presentare i piatti con aggettivi che valorizzano al meglio il piatto. Bisogna saper leggere il linguaggio del corpo del cliente, se sembra disinteressato al suggerimento è opportuno cambiare consigli. Nella fase post-consumo è opportuno chiedere al cliente se il cibo suggerito è stato di suo gradimento e rassicurarlo della scelta che ha fatto.

lunedì 15 ottobre 2012

My mamma’s kitchen


My  mamma’s kitchen

by Giuseppe PALADINO

My “mamma” always said to me that Calabrian villagers eat with the seasons. They use only the very freshest ingredients to get  the best results from your recipes. Although I come from a poor background as a Calabrian farmer’s boy, I actually have a very rich gastronomical culture. The countryside where I lived for my first 15 years of my life, equipped an extraordinary supply of fresh ingredients ( vegetables, fish and meat) that was cooked in the authentic home-style recipes. This manner makes it one of the simplest and healthy cuisines of the Italy. I have many memories about my childhood of wonderful feasts, family gatherings. I can still remember the comforting aromas of meals being prepared by my mamma and Grandmamma  in our own kitchen, and the spoor of fresh calabrian pasta, which my mamma made by hand weekly on Sunday morning. You cannot  imagine the aromas that “farrezuoli” with lamb ragout and spicy breadcrumbs releases. You should to prepare it, I’m sure you will love this dish. My dad, every day, he rose with sunrise and headed off to work all day in the fields. His work permitted our family to have a lot of cultivar of fresh vegetables. Twice for month my mom rose at 5:00 am to bake sourdough bread. Still nowadays, he  raises the sourdough daily with her incredible hands. This kind of bread is unknown for many people, but who tasted at least once in his/her life I’m sure that he cannot have got any bread left. My family was always pleased to have fresh bread. So he baked about 20 kilos of wheat flour each time without kneading machine just using her own arms. She is an exceptional woman and mamma. The loaves were about 4 kilos, a strong crusty on the outside and deliciously soft and hole ( created by sourdough yeast) on the inside. The bread was eaten with every meal and used in many dishes, including “pancotto” and on the side with several calabrese salami PDO such as “soppressata, salsiccia and ‘Nduja”. The hot oven was used to bake more than just bread. Local green  peppers was roasted and lamb were baked at this time as well. Peppers was served peeled with garlic and extra virgin olive oil. If you like you can add some fresh mint. In Calabria, it is traditional to have “farrezuoli” and a roast for the main meal of the day on Sundays.

Maria’s Sourdough bread

For this recipe you need to start the bread sponge the night before baking, and you have to use your own starter.

Bread sponge:
100 g of bread starter ( room temperature),
130 g of Flour,
120 ml of warm water ( about 30°C).

Dough:
300 g of bread sponge,
1000 g of wheat flour,
450 ml of warm water,
50 g of salt,
20 g of caster sugar.


Method: the bread sponge ( first day)
1.      Put the starter in a bowl ( 1 ½  liter) and add the flour and the water.
2.      Stir well with a wooden spoon. My mother used to make it with her hands.
3.      Cover the bowl with a plate or cloth.
4.      Wrap with  towels or a blanket to keep it warm and leave in the warmest part of your kitchen.

Method: the dough ( second day)
1.      Put the flour in a large container and put the sponge over.
2.      Dissolve the salt and the sugar in the warm water, then add it on the dough while mixing hardly.
3.      I would give you an advice: use  your hands, both.
4.        Mixing till the dough begins to come together and clean the sides of the bowl. The dugh have to be firm, smooth and springly.
5.      Let it raise, then shape the loaves. For this recipes you can make 2 loaves.
6.      With a knife divide the risen dough into two equal pieces. Flour the dough as needed to prevent sticking, but handle it gently; do not punch it down.
7.      Gently transfer the two shaped loaves to a lightly floured cloth ( my mama always make this process). Let raise again for about one more hour or more. It depends about the room temperature. On winter it takes more than summer.
8.      Bake them in a pre-heated oven at 200°C ( 400°F) until the loaves are well browned all over. It takes about 50 mins.
9.      Cool completely on a rack before slicing.

This kind of bread has a longer shelf life. You can stock it in a dry and warm place for about 15 days. Its longer shelf life it’s due to the Lactobacillus sanfranciscensis that’s a typicall bacterium (heterofermentative obliged) that drive the right fermentation of this dough. Play a main role the Candida humilis that is a yeast. But about the different role of the microorganism maybe I will call next time when I show you how to make a good starter sourdough.
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The Gastronomist- Il Paladino del Gusto by Giuseppe Salvatore PALADINO di Amendolara is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
Based on a work at http://www.gastropaladino.blogspot.it/