domenica 4 novembre 2012

"L'uomo è ciò che mangia"



Il rapporto tra cibo e società

Il
 cibo, oltre alla pura e semplice funzione nutritiva, può assumere un’infinità di significati. E costituendo un elemento essenziale della realtà psicologica, sociale e culturale dell’uomo, è sicuramente un mezzo privilegiato per la rappresentazione della realtà. Basta pensare all’importanza della convivialità, il senso d’ospitalità e d’accoglimento manifestati attraverso l’offerta e la condivisione del cibo, tratti che fanno parte della nostra storia, ma anche del presente. Il bambino, del resto, compie le sue prime esperienze conoscitive ed affettive attraverso il contatto orale con il seno della madre, attraverso il nutrimento: attraverso il cibo, il bambino entra in contatto per la prima volta con il mondo. L’alimentazione tocca una serie di complessità, dalla religione ai rituali, dalla psicologia individuale e collettiva alla tradizione, dalla sopravvivenza dei comportamenti atavici dei cacciatori agli adattamenti all’ambiente ed alle contingenze, alle tecniche, alle pratiche materiali di dominio dell’ambiente. Il mangiare è divenuto  un elemento essenziale dell’organizzazione e dell’identità sociale, rispecchiando particolari gerarchie simboliche e culturali.
 “L’uomo è ciò che mangia”. Il significato è comunque il medesimo: il cibo consumato è sempre stato per l’uomo un simbolo del suo rango sociale, della civiltà e della cultura di cui fa parte.
Il cibo in quanto prodotto culturale, è espressione di una civiltà, e la funzione simbolica del cibo non comincia dai prodotti grezzi offerti dall’habitat naturale, ma dalla loro trasformazione in alimenti. In questo senso il cibo è un simbolo dell’umanità; l’uomo non consuma immediatamente ciò che la natura gli offre, ma trasforma in cibo, con il lavoro, ciò che la natura gli dà, rendendolo idoneo al suo organismo e ai suoi fini.
           Per questo possiamo richiamare nuovamente la citazione del filosofo tedesco Feuerbach: ”L’uomo è ciò che mangia”. Le trasformazioni culinarie, quindi, possono accompagnare e riflettere il passaggio dalla Natura-il crudo alla Cultura-il cotto, come dimostra il grande antropologo Lévi-Strauss, nel suo famoso studio sulla mitologia sudamericana “Il crudo e il cotto”: la cucina è concepita come mediazione tra la naturalezza e la socializzazione. Il cibo diviene spesso un criterio di identità etnica, un segno di continuità tra passato e presente, una specie di radicamento all’interno di una società che rimane forte nonostante essa abbia disperso i suoi legami con la tradizione ed il passato. Il cibo oltre ad essere un elemento di sostentamento del corpo, è anche un importante medium, in quanto rappresenta un mezzo di comunicazione, attraverso il quale l’individuo esprime se stesso e allo stesso tempo si differenzia dagli altri, ovvero da coloro i quali non hanno le stesse abitudini alimentari. Il cibo può rappresentare una “frontiera culturale simbolica”, così come si può osservare con i tabù alimentari. [1]



[1] MARVIN HARRIS, Buono da mangiare, Torino, Einaudi, 1990

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