lunedì 12 gennaio 2015

Siamo davvero diventati tutti chef??????



Ammettiamolo ormai il mondo della cucina sembra non avere più segreti per nessuno. Che si parli di un'ambientazione domestica o professionale, di ricette semplici e divertenti oppure elaborate e raffinate, il mondo della ristorazione sembra davvero alla portata di tutti. Quali giudici improvvisati di un food-reality, declamiamo il nostro disgusto come Ramsey di fronte all'ennesimo piatto precotto, assestiamo virtuali scappellotti alla Cannavacciuolo sulla nuca del cameriere imbranato, abbozziamo un bilancio delle entrate sulla base dei prezzi del menù, ci soffermiamo persino sulle possibili modifiche dell'arredo in sala. Ma è davvero tutto qui? È davvero così facile gestire un ristorante di successo?
Tanti programmi televisivi parlano di cucina, alcuni mostrano le capacità dei concorrenti, altri quelle dei giudici, altre ancora esaltano la bellezza dei piatti o la passione per il cibo ma solo pochi sanno che un ristorante deve rispondere a tutte le problematiche di una normale impresa come il canone di locazione, il costo del personale dipendente, la stagionalità del fatturato, i competitors, etc.
Lasagnetta di pesce con gamberi saltati PDG(c)2014
Secondo me il ristorante deve essere visto come impresa non solo in un contesto economico complesso come quello attuale, ma anche all'interno di una evoluzione del gusto e dei consumi su scala mondiale da cui non è possibile prescindere. Le potenzialità in termini di impresa sono la capacità di gestione e di sviluppo di una proposta affascinante sotto il profilo dei contenuti e allo stesso tempo, vendibile e generatrice di fatturato. Si è abituati a vedere il ristorante come luogo di piacere e si misurano in genere la bravura dello chef, la qualità del servizio o l’ampiezza della cantina.     Ma solo questo è sufficiente?
Il ristoratore o chi per lui ne fa le veci, deve essere prima di tutto un imprenditore e il ristorante va gestito come un’azienda. La crisi economica impone ai manager più professionalità e quindi maggiore consapevolezza del proprio ruolo. Molti chef pensano solo a cucinare anziché comprendere che il loro fine ultimo è fare business  perseguendo il soddisfacimento dei bisogni del cliente. Infine, negli ultimi venti anni la società si è confrontata con i social media che hanno cambiato il modo di comunicare e quindi,  di fare e modificare i driver per la scelta del ristorante. Se per il ristorante la rete è opportunità per dialogare con il cliente, stare al passo con i tempi e creare nuovi network per le prenotazioni significa però anche anonimità e inattendibilità dei giudizi sui siti specializzati.
Alcuni grandi chef italiani sono diventati brand internazionali, perché al talento della figura professionale, si è saputo unire, a mio avviso, una visione imprenditoriale tout court. Il talento espresso attraverso attrezzature di cucina come casseruole e cuocipasta è praticamente nullo senza una business idea  valida , un business plan coerente e realistico, senza la capacità di introdurre in azienda progetti competitivi per affrontare al meglio la frammentata offerta della ristorazione commerciale, saper scegliere partner e fornitori, selezionare le consulenze giuste. È evidente che neppure la più idilliaca poesia dei sapori possa esprimersi fuori dalla metrica dei ricavi e degli attesi utili.
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