Il
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cibo, oltre alla pura e semplice funzione
nutritiva, può assumere un’infinità di significati. E costituendo un elemento
essenziale della realtà psicologica, sociale e culturale dell’uomo, è
sicuramente un mezzo privilegiato per la rappresentazione della realtà. Basta
pensare all’importanza della convivialità, il senso d’ospitalità e
d’accoglimento manifestati attraverso l’offerta e la condivisione del cibo,
tratti che fanno parte della nostra storia, ma anche del presente. Il bambino,
del resto, compie le sue prime esperienze conoscitive ed affettive attraverso
il contatto orale con il seno della madre, attraverso il nutrimento: attraverso
il cibo, il bambino entra in contatto per la prima volta con il mondo.
L’alimentazione tocca una serie di complessità, dalla religione ai rituali,
dalla psicologia individuale e collettiva alla tradizione, dalla sopravvivenza
dei comportamenti atavici dei cacciatori agli adattamenti all’ambiente ed alle
contingenze, alle tecniche, alle pratiche materiali di dominio dell’ambiente.
Il mangiare è divenuto un elemento
essenziale dell’organizzazione e dell’identità sociale, rispecchiando
particolari gerarchie simboliche e culturali.
“L’uomo è ciò che mangia”. Il significato è
comunque il medesimo: il cibo consumato è sempre stato per l’uomo un simbolo
del suo rango sociale, della civiltà e della cultura di cui fa parte.
Il
cibo in quanto prodotto culturale, è espressione di una civiltà, e la funzione
simbolica del cibo non comincia dai prodotti grezzi offerti dall’habitat
naturale, ma dalla loro trasformazione in alimenti. In questo senso il cibo è
un simbolo dell’umanità; l’uomo non consuma immediatamente ciò che la natura
gli offre, ma trasforma in cibo, con il lavoro, ciò che la natura gli dà,
rendendolo idoneo al suo organismo e ai suoi fini.
Per questo possiamo richiamare nuovamente la
citazione del filosofo tedesco Feuerbach: ”L’uomo è ciò che mangia”. Le
trasformazioni culinarie, quindi, possono accompagnare e riflettere il
passaggio dalla Natura-il crudo alla Cultura-il cotto, come dimostra il grande
antropologo Lévi-Strauss, nel suo famoso studio sulla mitologia sudamericana
“Il crudo e il cotto”: la cucina è concepita come mediazione tra la naturalezza
e la socializzazione. Il cibo diviene spesso un criterio di identità etnica, un
segno di continuità tra passato e presente, una specie di radicamento
all’interno di una società che rimane forte nonostante essa abbia disperso i
suoi legami con la tradizione ed il passato. Il cibo oltre ad essere un
elemento di sostentamento del corpo, è anche un importante medium, in quanto
rappresenta un mezzo di comunicazione, attraverso il quale l’individuo esprime
se stesso e allo stesso tempo si differenzia dagli altri, ovvero da coloro i
quali non hanno le stesse abitudini alimentari. Il cibo può rappresentare una
“frontiera culturale simbolica”, così come si può osservare con i tabù
alimentari. [1]
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